Note di materia medica su un incunabolo acquistato dallo stampatore Giustiniano da Rubiera

30/10/2020

Note di materia medica su un incunabolo acquistato dallo stampatore Giustiniano da Rubiera

La Biblioteca del Monastero di Santa Scolastica possiede un esemplare delle Quaestiones super Aphorismos Hippocratis et libros Tegni Galeni del medico toscano Giovanni Sermoneta (c. 1390 – 1450). L’incunabolo sublacense è una delle quarantotto copie sopravvissute fino ad oggi dell’edizione pubblicata a Venezia il 31 marzo 1498 da Bonetto Locatelli e Ottaviano Scotti (ISTC n. is00475000).

Le Quaestiones furono composte da Sermoneta nel 1430 e si legano alla sua attività di docente nello Studium di Bologna; la loro diffusa circolazione manoscritta ne dimostra la discreta fortuna soprattutto in ambito accademico.

Oltre a quella veneziana, restano oggi sei copie di una sola altra edizione quattrocentesca, stampata a Milano nel 1487 da Ulderico Scinzenzeler (ISTC n. is00474500).

 Giovanni Sermoneta, Quaestiones super Aphorismos Hippocratis et libros Tegni Galeni

 Giovanni Sermoneta, Quaestiones super Aphorismos Hippocratis et libros Tegni Galeni
[Venezia: 1498] (XVII.A.12), pagina iniziale (c. EEr)

 L’esemplare sublacense dell’edizione veneziana, che ha segnatura XVII.A.12, presenta una legatura novecentesca di restauro in tutta pergamena di una delle tipologie diffuse tra gli incunaboli della collezione, con piatti in cartone, tagli non colorati e, sul dorso, titolo e autore in inchiostro nero di mano recente.

Si trovano all’interno dell’incunabolo un discreto numero di segni di lettura e postille marginali, tutte riconducibili ad un’unica mano cinquecentesca italiana scrivente in inchiostro marrone. Le postille marginali sono per la maggior parte commenti di carattere filosofico e scientifico e aiuti alla interpretazione del testo di Sermoneta. Particolarmente interessanti sono le due note che si trovano rispettivamente nel margine inferiore del foglio numerato 53v e nel margine superiore del foglio 54r. Entrambe sono riferite alla Quaestio XI: «Utrum caput parvum sit proprium signum prave complexionis cerebri» (“Se una testa piccola sia effettivamente un segno di una cattiva formazione del cervello”) ed entrambe la commentano e approfondiscono citando passi di opere aristoteliche.

La nota al f. 53v in cui si menziona l’opera Chyromantie ac physionomie Anastasis

 La nota al f. 53v in cui si menziona l’opera
Chyromantie ac physionomie Anastasis di Bartolomeo della Rocca, detto Cocle

 

La prima nota in particolare commenta un passo della Quaestio in cui vengono discusse le dimensioni della fronte. Il testo stampato contiene già una citazione dall’opera di Aristotele Historia Animalium a confutamento dell’ipotesi che le piccole dimensioni della testa siano necessariamente segno di una qualche deformazione celebrale: «Et confirmatur quia frons parva est laudabilior magna, ut primo de historiis animalium» (“Ed è confermato dal momento che una fronte più piccola è preferibile ad una grande, come [si trova scritto] nel primo libro dell’Historia Animalium”). Il testo procede poi con considerazioni che muovono da questa citazione mentre la postilla manoscritta sul margine inferiore segna: «Aliter alii traducunt verba philosophi quod magna ostendit segnes, parva mobiles, lata moveri idoneos. Iccirco videatur Cocles in sua phisionomia liber anastasis» (“Altri invece trasmettono le parole del Filosofo, che [una fronte] grande caratterizzi le persone lente, [una fronte] piccola quelle agili e veloci, e una larga quelli che sono adatti al movimento. Su questo si veda Cocle nella sua Physionomia”.

La citazione fa riferimento all’opera in sei libri Chyromantie ac physionomie Anastasis composta tra il 1500 e il 1504 dal bolognese Bartolomeo della Rocca, detto Cocle, laureato in medicina presso l’università di Bologna nel 1489 e seguace del filosofo averroista e interprete aristotelico Alessandro Achillini. La Physionomia di Cocle fu scritta proprio cum approbatione magistri Alexandri de Achillinis, la cui Questio de subiecto physionomiae et chyromantiae, pubblicata a Bologna nel 1503, servì al della Rocca come premessa metodologica e di contenuti. Entrambi i testi seguono fedelmente il trattato pseudo-aristotelico sulla Fisiognomica.

Nota di possesso sotto il colophon «Quaestiones haec emptae sunt a Iustiniano rubariensi 

Nota di possesso sotto il colophon:
«Quaestiones haec emptae sunt a Iustiniano rubariensi bibliopola per me Hannibalem Camillum Corrigiensem l. 0 s. 13 anno 1519 3° decembris die sabati hora 23».

 

Una ultima iscrizione della medesima mano, che si trova proprio sotto al colophon al verso del foglio numerato 72r è utile per fare luce sull’identità di questo annotatore con una conoscenza aggiornata della letteratura di materia medica. La nota recita: «Quaestiones haec emptae sunt a Iustiniano rubariensi bibliopola per me Hannibalem Camillum Corrigiensem l. 0 s. 13 anno 1519, 3° decembris die mercurii hora 23» (‘Questa copia delle Questiones è stata acquistata dal venditore di libri Giustiniano da Rubiera da me Camillo Annibale da Correggio per 13 soldi nell’anno 1519, mercoledì 3 dicembre, all’ora ventitreesima”). Scopriamo dunque che l’annotatore e possessore del libro è l’emiliano Camillo Annibale da Correggio.

Oltre all’identità del possessore, la nota contiene però almeno due altre informazioni particolarmente interessanti.

La prima è la notizia dell’acquisto del libro, che include anche il prezzo.

La seconda è il possessore precedente, che possiamo identificare con lo stampatore e tipografo Giustiniano da Rubiera, un paese tra Modena e Reggio Emilia. Giustiniano era figlio di Lorenzo e fratello di Baldassare, entrambi coinvolti a vario titolo in operazioni di stampa nella zona emiliana.

Sulla base delle edizioni che sopravvivono ad oggi, l’attività di Giustiniano come stampatore autonomo, escludendo dunque gli anni di apprendistato che molto probabilmente svolse a Bologna, si può racchiudere tra gli anni 1492 circa, quando sottoscrisse a Modena il pronostico Judicium anni 1492-93 di Carlo Susena (ISTC is00870930) e la metà degli anni 30 del Cinquecento. Nel corso di più di un quarantennio, lo stampatore pubblicò edizioni di testi sia dedicati al mondo universitario che di natura popolare, in questo ultimo caso dando vita a ripetute collaborazioni con i più noti illustratori dell’epoca per la produzione di silografie. Tra gli altri, è noto il caso della collaborazione con Pietro Ciza del Viaggio da Venezia a Gerusalemme e al Monte Sinai, uscita nel marzo del 1500 in 1500 esemplari e corredata da un corposo apparato figurativo di 147 silografie.

Alcuni tra i pochi documenti che aiutano a ricostruire la vicenda biografica e commerciale di Giustiniano suggeriscono che lo stampatore fosse anche un mercante di libri e probabilmente non solo di libri prodotti nella sua stessa stamperia. Il 21 novembre 1502 Giustiniano pagò la tassa di esercizio di dodici fiorini che gli consentiva l’iscrizione all’Arte dei medici e degli speziali in Firenze, dove aveva basato una sua libreria. Per contro, nessuna delle edizioni che oggi sopravvivono a suo nome riportano Firenze come luogo di stampa.

A Bologna invece il Rubariense si fece promotore di una richiesta, datata gennaio 1507, di approvazione di statuti nei quali era previsto che solo ai residenti in città da almeno venticinque anni fosse concesso di produrre e vendere libri.

A quanto sappiamo, questo incunabolo costituisce la prima testimonianza diretta della sua attività non solo di stampatore ma anche di libraio.